Daniela Cola / 06 June 2017 / Marchio / 2712

 

Tanto amato dagli utenti digitali, il simbolo “#” (hashtag), grazie alla sua efficacia, è divenuto così significativo da richiedere la registrazione come marchio.

Tanto amato dagli utenti digitali, il simbolo “#” (hashtag), grazie alla sua efficacia, in breve tempo, è divenuto così significativo da richiedere la registrazione come marchio. Il simpatico cancelletto, mutuato dalla comunicazione politica, nell’era dei social network, si è diffuso a dismisura anche nella comunicazione di prodotto quale importante strumento di marketing. L’hashtag (“hash”: cancelletto/ “tag”: etichetta), infatti, rappresenta un modo semplice ma efficace per diffondere i messaggi aziendali, consolidare la riconoscibilità del marchio e la reputazione dell’impresa.

Il colosso Coca-Cola ha depositato due domande di registrazione come marchio degli hashtag: #cokecanpics e #smilewithacoke.

Non è un caso che il colosso Coca-Cola abbia depositato due domande di registrazione come marchio degli hashtag: #cokecanpics e #smilewithacoke. Così come non è un caso che la famosa catena di abbigliamento Madewell abbia registrato #everydaymadewell e, per fare un esempio che riguardi il nostro Paese, che Ac Milan, nel 2014, abbia depositato #tuttolostadio (concesso il 18.09.2015). In effetti, nonostante in Italia il tema sia ancora dibattuto e il nostro Ufficio Marchi e Brevetti non abbia ancora elevato gli hashtag al rango di titoli di proprietà industriale, non può tacersi l’esigenza di garantire agli stessi una propria tutela giuridica con l’equiparazione ai tradizionali segni distintivi. Del resto, trattandosi di segni suscettibili di essere rappresentati graficamente, non vi sarebbero ostacoli alla registrazione che avrebbe il merito di garantire all’azienda l’utilizzo esclusivo permettendole, tra l’altro, di impedirne l’uso ai concorrenti così come avviene per i suindicati segni distintivi. Sembra ovvio, poi, sottolineare che la registrazione non può che rispettare i requisiti richiesti dalla legge (la novità, il carattere distintivo e la liceità). Ne deriva, pertanto, che non potrebbe essere registrato come marchio un hashtag identico o simile a quello di un concorrente o consistente in un nome che identifica il prodotto stesso (per esempio, #mela…sempre che il prodotto che contraddistingue è, appunto, il detto frutto!).

Già nel 2013, l’Ufficio Brevetti e Marchi Statunitense ha permesso di registrare gli hashtag come marchi qualora fungano da identificatori della fonte dei beni o servizi del registrante.

Se si guardano gli altri Paesi, invece, già nel 2013, l’Ufficio Brevetti e Marchi Statunitense ha permesso di registrare gli hashtag come marchi qualora fungano da identificatori della fonte dei beni o servizi del registrante. Nel 2015, invece, la Corte federale del Mississipi, ha stabilito che, in date circostanze, l’uso del nome di un concorrente all'interno di un hashtag può rappresentare fonte di inganno per i consumatori. 


Da ultimo, accennando a qualche dato, si può segnalare che il maggior numero di domande di registrazione viene principalmente dall’America, dalla Francia, dall’Inghilterra e dall’Italia e che, tra le aziende più impegnate nella registrazione, figurano quelle produttrici di beni di largo consumo e quelle che operano nel settore dell'abbigliamento.

Daniela Cola