Daniela Cola / 08 November 2017 / Marchio / 1246

 

IL CASO PUMA
La banda ondulata è un marchio debole

La vicenda processuale che vede contrapposte il colosso tedesco Puma e la azienda padovana Simod, lascia sconfitta la prima, nonostante un’accanita e tenace difesa.

Al centro della controversia vi sono le bande presenti sulle scarpe di entrambe le parti le quali, dopo un procedimento cautelare avviato da Puma nel 2000 senza alcun esito, si sono confrontate in un ordinario giudizio promosso dalla Simod nel 2002.

A confronto le due calzature, le domande delle due aziende erano contrapposte. Simod puntava sull’accertamento dell’insussistenza, da parte sua, della concorrenza sleale e della contraffazione del marchio figurativo registrato da Puma oltre che sulla nullità della porzione italiana di detto marchio; dal suo canto, invece, la Puma insisteva sulla contraffazione del proprio marchio e sulla concorrenza sleale della Simod a cui richiedeva il risarcimento dei danni e la cessazione delle condotte illecite.La validità del marchio di Puma viene accertata sia in primo che in secondo grado ma esclusa la contraffazione e la concorrenza sleale a carico dell’altra parte.Anche il ricorso in Cassazione presentato dalla Puma viene respinto e, con sentenza n. 6551 depositata il 14.3.2017, la Corte conferma che il marchio figurativo Puma è un Marchio debole.


A tal proposito, è fondamentale ricordare quando un marchio si definisce debole ossia quando lo stesso richiama il contenuto o l’essenza del prodotto; ne consegue che anche lievi variazioni o aggiunte, da parte di un concorrente, risultano sufficienti ad escluderne la confondibilità.


Ed è proprio questo il caso di specie. In effetti, le differenze presenti sulle scarpe Simod bastano ad escludere la confondibilità con la banda ondulata Puma, che appare unica anche se suddivisa dalle cuciture in tre parti.


Il fatto, quindi, che la banda della società Simod S.p.A. risulti, mediante ritaglio, “svuotata” nella parte centrale, è sufficiente a distinguerla dal marchio figurativo del colosso tedesco.


Per completezza, si riporta anche l’estrema strategia difensiva della Puma basata sul cd. “secondary meaning”: fenomeno per cui un marchio inizialmente debole e quindi con scarsa capacità distintiva può diventare forte grazie all’uso che ne viene fatto nel tempo e che lo rende particolarmente riconoscibile e noto al pubblico. Anche tale argomentazione non viene presa in considerazione perché ritenuta una domanda nuova.


La lezione che possiamo ricavare da questa vicenda? Se vogliamo sentirci in una botte di ferro nei confronti degli imitatori meglio scegliere un marchio con una forte capacità distintiva!

Daniela Cola